Perché la Turchia ha sostenuto l’attacco missilistico statunitense in Siria?
aprile 25, 2018 Lascia un commento
Salman Rafi Sheikh New Eastern Outlook 24.04.2018
Il ruolo della Turchia nella guerra in Siria è controverso sin dall’inizio. Dall’iniziale sostegno a Stati Uniti e NATO allo scontro con la Russia, il “malato d’Europa” recentemente compiva una svolta drammatica verso Russia e Iran, ritirando la richiesta di uscita di Assad dal potere. Fin dalla svolta politica, la Turchia ha cooperato con Russia ed Iran nei processi di pace di Sochi e Astana per porre fine alla guerra. E proprio quando questi piani iniziavano a dare frutti, la Turchia compiva un’altra svolta “salutando” l’attacco missilistico USA in Siria per il presunto attacco chimico del governo siriano, in sostanza smentito. Poi si vide Ankara respingere la richiesta di Mosca di consegnare Ifrin, che la Turchia controlla, al governo siriano, arrogandosi invece autorità e tempistica per consegnarla non al governo siriano, ma al popolo d’Ifrin, come recentemente affermato da Erdogan. Tale svolta aveva luogo nonostante Mosca abbia recentemente avviato una centrale nucleare in Turchia; la Russia è stata accomodante sin dal riavvicinamento cogli interessi di Ankara in Siria, permettendole le operazioni militari contro i gruppi curdi sostenuti dagli Stati Uniti, con la Turchia profondamente interessata ad acquistare piattaforme antiaeree S-400 russe. Ciò che spiega svolta e scopi turchi in Siria va decifrato nella complessa geopolitica della guerra in Siria.
La Turchia vuole rimanere nella NATO
Abbastanza importante, tale svolta turca è avvenuta mentre il presidente degli Stati Uniti annunciava l’intenzione di ritirarsi dalla Siria. Mentre il controverso attacco missilistico si rivelava una strategia per salvare la faccia degli Stati Uniti in Siria, l’annuncio in sé aveva il significato, per la Turchia, che gli Stati Uniti potevano infine soccombere alla domanda di Ankara di disarmare i curdi. Con gran piacere della Turchia, il presidente degli Stati Uniti già decise di por fine a finanziamento e sostegno alle milizie curde in Siria. Secondo i media degli Stati Uniti, la Casa Bianca ordinava di congelare 200 milioni di dollari destinati ai “fondi infrastrutturali” nelle aree controllate dai curdi in Siria. Tale congelamento, oltre al fatto che gli Stati Uniti seriamente pensano di ritirare le truppe, significa che alla Turchia non sarà impedito sopprimere le milizie curde lontano dai propri confini. Ciò significa potenzialmente che gli Stati Uniti sono disposti ad assecondare la vecchia domanda della Turchia di staccarsi dalla crescente confluenza con Russia e Iran. Gli Stati Uniti, in altre parole, dopo aver perso i mezzi per influenzare la Siria, ora si rivolgono alla Turchia per influenzare la conclusione del conflitto in Siria attraverso essa. Il segretario di Stato Mike Pompeo aveva già accennato a una simile possibilità. Nell’udienza di conferma, rispose alla domanda sul dialogo trilaterale tra Russia, Iran e Turchia, affermando che “il popolo statunitense dev’essere rappresentato in quel tavolo” e che “può far parte dei colloqui”. E mentre la principale preoccupazione turca era il concentramento curdo ai confini, comportando instabilità fino ad Ankara, anche la NATO sembrava seria nel correggere tale fattore. Ciò fu confermato dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg durante la visita in Turchia, dove affermava che alcun membro della NATO ha subito più attentati (leggi: attacchi del PKK) della Turchia, “l’alleato più esposto all’instabilità in questa regione”. La Turchia, quindi, non ha alcuna esitazione nel rispondere positivamente all’occidente volendo tenere conto dei propri interessi principali. La Turchia, sempre membro della NATO, vorrebbe quindi certamente rimanervi guidando gli interessi occidentali ad Astana e Sochi, agendo per limitare l’influenza iraniana e russa in Siria e Medio Oriente.
La Turchia cambia le regole d’ingaggio in Siria
Ma cosa succede esattamente? Le differenze tra Turchia e Russia ed Iran su Ifrin sono già note. Con la Turchia che si rifiuta di consegnarla alla Siria collegando il proprio ritiro al ritiro di altre forze straniere (leggi: russi e iraniani) dalla Siria, inviava un messaggio chiaro a Mosca e Teheran: l’alleanza con loro rimane di convenienza e tende a separare le relazioni economiche con la Russia dagli interessi in Siria, convergenti nella misura in cui la Russia permette alla Turchia di operare contro i curdi, ma che ora si discostano nel restituire il territorio al governo siriano. Tali disaccordi sottolineano con forza che, malgrado la cooperazione, la Turchia è ben lungi dall’abbandonare la NATO per la Russia o l’Iran. Ma riprogettandosi da attore chiave, la Turchia indicava di sospettare dei processi di Astana e Sochi e di voler tracciare la sua via fino Ifrin e Idlib, quest’ultima già oggetto di feroci negoziati e indubbiamente prossimo obiettivo della guerra in Siria. Per la Turchia, Idlib rimane cruciale, e già aveva invitato Russia ed Iran a impedirvi l’offensiva siriana, che potrebbe iniziare in qualsiasi momento; l’importanza d’Ifrin aumentava per la Turchia, poiché intende utilizzarla come mezzo per continuare a controllare Idlib e mantenervi i suoi jihadisti trincerati, per influenzare l’esito finale della partita siriana ed estorcere le massime concessioni da Russia e Iran nella prossima conferenza di Sochi.Salman Rafi Sheikh, analista di relazioni internazionali ed affari esteri e interni del Pakistan, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio